1 novembre 2014
31 agosto 2014
Ore 10 calma piatta
“Ponte: vela, due quarte al
mascone di dritta”.
La segnalazione arrivò
all’ufficiale di guardia con la stessa velocità con cui era scesa dalla vedetta
sulla coffa dell’albero di maestra.
L’ufficiale di guardia guardò
nella direzione indicata senza vedere niente: la nave era oltre l’orizzonte e
non si poteva scorgere stando a pochi metri sul livello del mare.
“Avvertite il Comandante”. Fu il
comando per l’aiuto nocchiero che stava dietro di lui, poi rivolto al
timoniere, che lo guardava; disse: “Mantenere la rotta”.
“Che abbiamo, Signor Pulling?” Fu
il commento del Comandante, improvvisamente materializzatosi dal nulla, al
fianco del Terzo Ufficiale. Il Signor Pulling era alla sua prima crociera sulla
fregata Surprise e non si era ancora abituato alla straordinaria capacità del
Comandante di essere sempre dove serviva quando serviva.
“Jhonson, dalla coffa ha
avvistato una vela due quarte al mascone di dritta”, replicò immediatamente,
con l’intima convinzione che, per qualche soprannaturale motivo, lo sapesse
già.
“Nostra o loro?” Domandò il
Capitano Holland, più rivolto a se stesso che al Signor Pulling.
“L’Ammiragliato non ci ha
segnalato la presenza di navi nemiche in questa zona, ma oramai abbiamo notizie
vecchie di tre mesi”, pensò fra se, poi rivolto al Signor Pulling disse: stessa
rotta e vediamo con chi abbiamo a che fare”. Il dubbio del Comandante Holland
fu sciolto qualche ora più tardi, quando, ridotte le distanze, fu possibile
svelare l’identità della nave che avanzava verso di loro.
“Francese, grossa, maledettamente
grossa, due ponti, almeno quaranta cannoni da 18 libbre”. Holland finì la frase
nell’istante in cui riuscì a scorgere, attraverso il cannocchiale, che anche
gli scopamare dei francesi andavano a riva.
“Va bene, vediamo chi è più
veloce” Pensò fra se, poi rivolto al Secondo disse: “Signor Chase, i nostri 24
cannoni possono opporre ben poca resistenza, ci conviene allontanarci in
fretta. Battere posto di combattimento, invertire la rotta e mettiamoci in
forza di vele anche noi”. Il Signor Chase guardò negli occhi il Comandante e vi
lesse i suoi stessi timori, ma, evitando di lasciar trasparire la minima
emozione, si rivolse al Nostromo: “Signor Floyd: gabbieri a riva, invertiamo la
rotta e armare le aste dei coltellacci; timoniere: rotta ovest”.
“Cinque ore, al massimo sei, e
sono sopravvento, ma venderemo cara la pelle”, pensò tra se Holland, mentre
rivolgendosi al Secondo disse: “Signor Chase prepariamoci: cannonieri ai pezzi,
e prepariamo le armi”. Terminò la frase nell’istante in cui e il rumore delle
vele che sbattevano li costrinse ad alzare gli occhi, verso le vele che si
erano improvvisamente sgonfiate. “È caduto il vento, non ci muoviamo più”.
Disse il Secondo, improvvisamente sgomento, guardando il Comandante.
“Animo
Signor Chase il vento cadrà anche per loro e se riusciamo ad arrivare al tramonto senza farci prendere possiamo ancora avere gioco”. “Cannonieri in
coperta, scialuppe a mare e passare le cime di traino”.
Non era passato molto
tempo che le due scialuppe erano in mare con gli Aspiranti, al timone, che incitavano
gli uomini a trascinare le oltre cinquecento tonnellate della Surprise verso
ovest.
“Non mollate, remate più forte,
volete vedere i vostri figli mangiare le rane, volete la ghigliottina a
Piccadilly, avanti che ce la facciamo”. Gli uomini piegavano la schiena su i
remi grugnendo per lo sforzo, ma nessuno di loro avrebbe mai mollato e, con lentezza esasperante, la Surprise prese finalmente a muoversi verso ovest.
“Non ne posso più: il sole ci
cuoce e non c’è un alito di vento”. Chiudi il libro abbandonando la Surprise al
suo destino, guardi la superficie del mare vetrificata dall’assenza di vento e
poi guardi l’orologio: sono le dieci.
“Torniamo in porto e ci prendiamo
un tè gelato al bar”. Mentre lo dici giri la chiave della messa in moto e
improvvisamente, i centoventi cavalli a poppa borbottano sommessamente.
Socchiudi gli occhi a causa del
riverbero della superficie immobile del mare e non riesci a trattenere un
sorriso: “Il tempo che passa, qualche volta, rende le cose più semplici….”.
5 luglio 2014
21 giugno 2014
Mare amore e follia
Un tempo sull’isola di Atlantide,
c’era una giovane,bella e amante del mare. I suoi occhi verdi con sfumature
blu ricordavano le lente onde; e i suoi capelli dorati, quando erano mossi dal
vento, sembravano danzare come gli argentei tentacoli di una medusa. La giovane era figlia di un ricco
mercante e doveva essere data in sposa al re dell’isola, che aveva il potere
sui mari. Esso era un potente stregone che aveva acquistato il potere con la
magia.
La ragazza provò a far cambiare
idea al padre ma non ci riuscì e quindi si sposò.
Lo stregone era molto ricco, pieno
di ori e di servitù, ma povero d’animo, crudele e egoista e ciò la giovane non
lo poteva accettare.
Decise però di rimanergli fedele;
fino al giorno in cui, essendo andata in spiaggia, luogo dove passava la
maggior parte del tempo; vide un giovane che dava cibo ai pesci.
Lei gli si avvicinò e per molto
tempo continuarono a vedersi alla spiaggia. Era felice e finalmente
innamorata; capiva che rischiava la vita o comunque una punizione spietata;ma
non gli importò; il fuoco d’amore che gli bruciava dentro era troppo forte e
decise di non seguire i saggi e razionali consigli che il cervello le dava.
Lo stregone si accorse della sua
felicità e la spiò.
Scoprì di essere stato tradito, dalla
giovane, dal ragazzo e dal mare, che era l’oggetto della loro unione. Lui, il sovrano assoluto tradito
dall’elemento che più comandava.
La rabbia che provava scatenò
fulmini e tempeste; il cielo sembrò rompersi, la terra tremava, tutto era in
delirio, tranne loro e il mare.
Essi erano calmi e appassionati
nel loro mondo.
Lo stregone vedendo che i giovani
e il mare non si chinavano al suo potere decise di punirli severamente.
Diede loro la vita eterna però
lei la costrinse a rimanere con il busto sommerso e le gambe rivolte al cielo, come
se dovesse spingere il mare a sprofondare e lui legato ad una barca a vela
costretto a guardare la sua giovane amata soffrire per l’eternità senza poterla
salvare.
Il mare invece era spettatore e
si dovette assorbire tutte le lacrime piante dai giovani per sempre innamorati.Un grazie di cuore all'amica Alice Primini per avermi permesso di condividere il suo racconto.
12 marzo 2014
8 gennaio 2014
L'ombrellone
Sollevò lo sguardo e si ritrovò a
fissare, nel riverbero della luce del sole, la linea dell’orizzonte.
- L’orizzonte: linea di
separazione tra cielo e mare perfettamente orizzontale….. –
- Anche questa volta mi hai
fregato! – Pensasti, immediatamente dopo, reprimendo un moto di stizza. – Non
c’è niente di orizzontale, non è nemmeno una retta ma un arco di cerchio la cui
visione limitata crea l’illusione di una linea orizzontale. – Non sei tipo da
credere alle illusioni, anche se questa volta ti avrebbe fatto piacere. – Dopo
tutti questi anni non sono ancora riuscito a dimostrare che avevi torto, eppure
prima o poi ci riuscirò.-
Chiudi gli occhi e ritorni
indietro con la memoria, all'origine di quella che con il tempo è diventata per
te una specie di ossessione.
Ti sei appena laureato in
ingegneria navale, coronamento di un sogno frutto della tua passione per il
mare, e sei in vacanza su una piccola isola; hai scelto con cura il posto: poca
gente, sole e mare per dimenticarti delle innumerevoli ore passate a studiare.
Mentre sei sdraiato al sole pensi al contratto che hai firmato prima della tua
partenza: progettista per un importante cantiere che vende navi in tutto il
mondo. – Disegnerò navi, finalmente le mie idee solcheranno i mari come mai
nessuna costruzione prima d’ora. -
Mentre la tua fantasia ti fa
navigare su mari di gloria intravedi, con la coda dell’occhio, un pescatore
intento a lavorare sulla sua barca rovesciata sulla spiaggia. Incuriosito dal
suo lavoro continui a guardarlo fino a che decidi di avvicinarti per dargli
qualche suggerimento.
- Salve – Se procede nella direzione opposta,
sarà più facile chiudere quel comento senza dover forzare le tavole del
fasciame vicine. – Fai sfoggio di termini tecnici per rendere inequivocabile il
fatto che sei del mestiere, poi, quasi per giustificarti dici: sono ingegnere
navale e ho competenza di queste cose.
- Ingegnere navale…. – dice il
pescatore che ha interrotto il suo lavoro e ti guarda con curiosità.
- Si, ecco…, voglio disegnare
navi, grandi navi veloci e sicure, come non se ne sono mai viste. –
- Veloci e sicure….. - risponde
il pescatore, guardandoti inespressivo, poi improvvisamente sul suo volto si
disegna un sorriso appena accennato e, con quella espressione, ti si avvicina.
Si guarda intorno e con l’aria di chi la sa lunga e ti domanda a bruciapelo: “e
come dovrebbero essere fatte queste navi veloci e sicure?”. – In armonia con la
natura – rispondi senza esitazione – devono essere le onde a disegnare il
profilo della carena, solo così potrà essere in armonia con il liquido che la
circonda. –
- Ma la natura non fa angoli a
novanta gradi…. – Ribatte il pescatore diventato improvvisamente serio.
Non sai come replicare e pensando
che non valga la pena di continuare la conversazione te ne vai senza nemmeno
salutare, ma mentre ti allontani senti i suoi occhi fissi su di te.
Sono passati molti anni da quel
giorno, hai disegnato infinite navi e infiniti angoli a novanta gradi, tanto
più preciso era l’angolo e tanto più cresceva la tua fama di progettista, ma,
tutte le volte, sapevi che al tuo progetto mancava sempre qualcosa per arrivare
alla vera armonia e inesorabile sentivi riecheggiare in testa la frase del
vecchio pescatore: “…la natura non fa angoli a novanta gradi….”
Con la testa piena di ricordi abbassi
gli occhi e vedi l’ambra disegnata dall'ombrellone sulla sabbia, e,
improvvisamente, dopo tanti anni ti è tutto chiaro: - l’ombra….non uno ma
addirittura due….ti ho fregato, adesso so che avevi torto: “anche la natura
disegna angoli a novanta gradi”. –
Con la testa piena di emozioni ti
alzi e te ne vai, raggiungi il porto, sali sulla tua barca, la prima che hai
disegnato, molli gli ormeggi e ti allontani in direzione del mare aperto.
Hanno trovato, qualche giorno
dopo, “Novanta gradi”, la tua barca, alla deriva; a bordo tutto era in perfetto
ordine: i motori spenti, gli invertitori in folle, il timone al centro, le cime
di ormeggio perfettamente raccolte, quasi come fosse all'ormeggio, ma tu non
eri a bordo. Nessuno riesce a capire cosa sia accaduto, e l’inchiesta conclude,
sbrigativamente, che durante la navigazione, in solitario, sei caduto in mare e
sei affogato.
Eri diventato famoso e la
commozione e i discorsi di profondo cordoglio si sprecano, ma su una piccola
isola un pescatore sorride perché adesso sa che finalmente, anche tu, hai
trovato il tuo posto in armonia con la natura.
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