28 giugno 2011

Dove finisce il mare


- Avete perso qualcosa?
- No sto lavorando.
- Lavorando?
- Sì, faccio…. faccio delle ricerche, sapete, delle ricerche…..
- Ah.
- Delle ricerche scientifiche, voglio dire…..
- Scientifiche.
- Sì.
- Conchiglie, licheni, cose del genere?
- No, onde.
Così: onde.




- Cioè…. vedete lì, dove l’acqua arriva…. sale sulla spiaggia e poi si ferma…. ecco, proprio in quel punto, dove si ferma…. dura proprio un attimo, guardate, ecco, ad esempio lì…. vedete dura solo un attimo e poi sparisce, ma se uno riuscisse a fermare quell’attimo…. quando l’acqua si ferma, proprio quel punto, quella curva…. è quello che io studio. Dove l’acqua si ferma.
- E cosa c’è da studiare?
- Be’, è un punto importante…. a volte non ci si fa caso, ma se ci pensate bene lì succede qualcosa di straordinario, di…. straordinario.
- Veramente?
Si sporse leggermente. Si sarebbe detto che avesse un segreto da dire quando disse - Lì finisce il mare.




Il mare immenso, l’oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l’immane mare onnipotente - c’è un luogo dove finisce, e un istante – l’immenso mare, un luogo piccolissimo e un istante da nulla. Questo voleva dire.

[ Alessandro Baricco: Oceano mare ]



24 giugno 2011

La pittrice di tramonti


Mi ricordo di quando la vidi per la prima volta come se fosse oggi, avevo visto entrare il postale e mi ero messo a correre in direzione del porto; il suo arrivo, una volta al mese, rappresentava l’unica variante alla vita monotona della mia piccola isola e ciò giustificava la mia premura.




Quando arrivai alla banchina lo stupore arrestò improvvisamente la mia corsa: i marinai del brigantino erano tutti allineati sulla banchina al limite della passerella, lei avanzava lenta, si fermava davanti a ciascuno di loro, allungava una mano in una rapida carezza e sussurrava qualcosa, che la distanza non mi permetteva di udire; fu allora che vidi qualcosa di unico: a turno i marinai abbassavano il capo tenendo tra le mani giunte il lurido berretto che si erano tolto mentre alcune lacrime gli rigavano il volto. Mi sembrava impossibile, ma quegli uomini resi duri da una vita intera passata sul mare che si commuovevano per una cosa così normale come un addio. Per ultimo perfino il Capitano si scoprì il capo e piegando la testa accennò a un ossequioso saluto.




Fu allora che lei si girò verso di me e mi guardò fisso: gli occhi celesti incorniciati da lunghi capelli biondi e sulla bocca un sorriso dolcissimo, si avvicinò e mi disse: “Mi tratterrò sulla tua isola per qualche tempo e mi hanno detto di chiedere a te per un alloggio”. Solo dopo qualche istante riuscii a vincere l’imbarazzo di cui ero preda e replicai: “A casa abbiamo una stanza in più che la mamma le potrebbe affittare, ma è solo una stanza e la casa è distante, quasi in cima alla collina”. “Si vede il mare?” – Replicò, continuando a sorridere – “Sì, certo” risposi, chiedendomi che interesse potesse mai avere. “Allora andrà bene, accompagnami” disse lei, porgendomi la mano.
Lungo la strada la curiosità ebbe la meglio sul riserbo e l’educazione e chiesi: “Come mai è venuta qui?”. “Sono una pittrice – mi disse – ho saputo che questo è un posto bellissimo per dipingere e sono venuta a vedere”. Una pittrice, venuta apposta dal continente sulla mia isola, e proprio a casa mia; il mio entusiasmo giovanile si scatenò, e le parole mi uscirono con la forza di un’onda: “È vero, io conosco tutta l’isola e, se vuole, gliela posso mostrare, posso anche portarle gli attrezzi, non ho mai visto un pittore, posso guardarla mentre dipinge?”. “Se la mamma è d’accordo mi puoi accompagnare anche domani” replicò guardandomi con indulgenza.
La mattina del giorno dopo eravamo nel punto più alto dell’isola e lei mi aveva mostrato come montare il cavalletto e preparare i colori; tutto era pronto e lei cominciò a dipingere tracciando sulla tela una sottile linea orizzontale e poi più nulla: ore di muta attesa con lei che fissava l’orizzonte e io che fissavo lei nell’attesa che un qualche movimento rompesse l’immobilità.




Nel pomeriggio, facendomi coraggio, le domandai: “Perché non dipinge, osserva il mare immobile quasi si aspetti che accada qualcosa”. “Voglio dipingere il tramonto, perciò dobbiamo aspettare che arrivi” mi rispose seria. “Non capisco, perché siamo venuti al mattino se poi dobbiamo aspettare tutto il giorno per fare qualcosa?”. Replicai seguendo la mia giovanile razionalità. Lei mi fissò negli occhi e mi disse: “Il tramonto dura quanto un battito di occhi, ma impiega un intero giorno per prepararsi, io lo studio durante tutto il giorno in modo da essere pronta a catturare la sua rapida magia ”. Annuii facendo finta di aver capito e mi rassegnai ad aspettare. L’attesa si protrasse fino a che il sole cominciò a lambire l’orizzonte, solo allora, improvvisamente rianimata, lei cominciò a dipingere come rapita da una sorta di frenesia. Quando il sole fu sparito sulla tela era comparso un meraviglioso tramonto pieno di colori, quasi che i colori si fossero impressi da soli sulla tela bianca.




Nei giorni successivi fui con lei tutte le volte e tutte le volte, per una sorta di magia, la tela mi restituiva alla vista l’immagine del tramonto che avevo visto, ma i colori erano sempre più accesi, quasi vivi.
Un giorno le chiesi: “Perché dipingi solo tramonti?”. “Dove vivo non si possono vedere tramonti come questi, così quando ritornerò i colori di questi quadri mi scalderanno il cuore”. Mi rispose con gli occhi velati da una strana malinconia. La cosa mi parve strana anche perché pensavo che, in fondo, i tramonti erano sempre uguali.
Un giorno durante la solita attesa mi guardò seria e mi disse: “Domani devo partire, devo rientrare”.
“Non puoi farlo! - replicai stizzito – non mi hai ancora insegnato come si dipinge”. “Hai ragione, non sono riuscita a mantenere la mia promessa, purtroppo il mio tempo è finito, però tornerò, te lo prometto”.
Non replicai e mi misi seduto da una parte con aria imbronciata manifestando la mia contrarietà con un mutismo rigoroso; sapevo però che quello che diceva non poteva essere vero: il postale sarebbe arrivato solo tra una settimana e quindi potevo contare ancora qualche giorno in sua compagnia.
La mattina del giorno dopo ero sulla solita pietra lungo la strada ad aspettarla ma lei non arrivò, aspettai per molte ore invano e, nel pomeriggio, rientrai a casa dalla mamma, anche lei stupita per non averla vista per tutto il giorno. A sera, dopo aver bussato alla sua porta, la mamma corse in paese per avvertire il comandante del porto che lei non era rientrata.




La cercarono per diversi giorni e diverse notti ma nessuno sull’isola l’aveva vista, e dopo quel giorno, nessuno la vide mai più; dissero che forse era caduta dalla scogliera e che il mare l’aveva presa.
Prima che venissero a prendere le sue cose, volli andare a vedere per un ultima volta i suoi quadri ma, al loro posto, trovai solo tele bianche: quei bellissimi tramonti, che avevo visto creare, erano spariti, dissolti nel nulla.


Mi accorgo di essere improvvisamente stanco, è stata una giornata faticosa, piena di visite e di domande a cui rispondere, ma adesso è sera e posso finalmente concedermi al sonno ristoratore, chiudo gli occhi e, dall’oscurità del dormiveglia, lentamente mi appare il suo volto.
Quasi fosse la cosa più naturale del mondo, le dico: “Sei tornata, ti ho sempre aspettato, non ho mai smesso di sperarci”. “L’avevo promesso ed eccomi qua” mi risponde con lo stesso sorriso di allora.
“Vieni”. “Dove vuoi portarmi?”. Le chiedo. “Andiamo nel mio mondo”. Mi dice prendendomi per mano come allora. Improvvisamente vedo il mare: non sono dentro ma divento parte di esso. “ Ma allora tu sei…”. Non riesco a finire la frase per l’emozione. “Quel giorno, dunque i marinai avevano capito”. “Hanno passato tutta la vita al confine tra il loro mondo e il mio sviluppando una sensibilità che  consente loro di vedere oltre all’apparenza delle cose, adesso però andiamo devo finire di insegnarti a dipingere”.

Al mattino l’infermiera constatò che la sua morte era avvenuta durante la notte, nella sua carriera professionale aveva visto la morte su i volti di tanti malati, ma sul volto di quell’uomo c’era un’espressione di fanciullesca felicità mai vista prima, la stessa che aveva intravisto, solo per un attimo quando, appena ricoverato, si era accorto che dal suo letto poteva vedere il mare.