11 marzo 2011

Tutti i colori dell’oscurità



Quanti colori ha l’oscurità?
Nessuno, è la risposta scontata alla domanda solo apparentemente superficiale, ma chiudete gli occhi, liberate le vostre emozioni e sull’onda dei ricordi ecco che, dall’oscurità, emergeranno i colori.





Inizialmente pallidi, istanti sbiaditi di una realtà dimenticata, sepolta nella profondità della vostra memoria.






Continuate, i colori acquisteranno forza se credete nelle emozioni, e dopo poco ecco che vedrete che i vostri sogni vi appariranno per quello che sono, un’esplosione di colori: rosso di passione, giallo di felicità, cobalto di serenità, ma non solo, vedrete anche tutte le mille sfumature delle emozioni che popolano i bellissimi sogni che solo voi siete capaci di creare.





La prossima volta che qualcuno vi chiederà quanti colori ha l’oscurità non rispondente, guardatelo con tenerezza: il vostro interlocutore non sa cosa ha perso.




5 marzo 2011

Era una notte buia e tempestosa



L’amico Gui ha deciso di ritirare personalmente la nuova barca direttamente al cantiere e immediatamente, saputa la notizia, mi propongo, entusiasta, come membro dell’equipaggio; sono conscio della mia scarsa esperienza di barche a vela ma confido nella benevolenza di Gui.
La strada corre veloce e nel tardo pomeriggio siamo a Marsiglia, con una certa trepidazione, varchiamo la soglia del cantiere, e la vediamo in acqua, all’ormeggio, è impossibile non leggere negli occhi di Gui la felicità di chi è perdutamente innamorato: non ci sono dubbi è un vero colpo di fulmine. Sfruttiamo le ultime ore di luce del tardo pomeriggio per un giro fuori dal porto, giusto per “prendere le misure” e vedere se tutto è in ordine; soddisfatti al rientro in porto comunichiamo la nostra decisione di partire all’indomani all’alba. Ma i tecnici del cantiere ci sconsigliano perché, sostengono, è previsto l’arrivo di una perturbazione che si allontanerà solo in serata. Il suggerimento è quello di rimandare la partenza al giorno successivo. Ognuno, però, ha impegni che non possono essere rimandati e poi la voglia di partire è tanta, quindi ringraziamo ma decidiamo di ignorare il consiglio. Dopo una notte trascorsa a bordo, nel tentativo di dormire, arriva l’alba e con essa l’atteso momento di mollare gli ormeggi.


La mattinata trascorre tranquilla e l’apparire di un timido sole ci induce a pensare che forse i suggerimenti alla prudenza erano eccessivi, ma nel primo pomeriggio le cose cambiano velocemente e verso la costa francese vediamo nuvole scure cariche di pioggia che, in breve, ci raggiungono. A metà pomeriggio cominciamo a ballare di brutto fra onde sempre più grandi, mentre la pioggia non ci molla un istante; nonostante le cerate l’azione combinata delle onde e della pioggia ci inzuppa fino alle ossa e il freddo è tanto. Al tramonto l’unico aspetto positivo è che la situazione non è ulteriormente peggiorata. Infine arriva la notte e, con essa, cominciamo a distinguere nitidamente i fulmini che cadono in mare illuminando l’orizzonte. Spesso un’onda scavalca la prua e l’acqua invade il pozzetto bagnando tutto ciò che era rimasto ancora asciutto. Ognuno di noi è ora solo in compagnia dei suoi pensieri che ti portano inesorabilmente a fare i conti con le proprie paure. Abbasso gli occhi, un fulmine illumina l’acqua che corre nel pozzetto e improvvisamente mi assale incontrollabile la paura di non farcela; vorrei urlare poi nell’oscurità il debole chiarore della bussola illumina il volto di Gui alla ruota del timone, riesco a distinguere la determinazione di chi sa che non deve mollare, forse la vita è anche avere il coraggio di mettersi alla prova. Nelle ore che seguono esortiamo, più di una volta, Gui a scendere da basso per riposarsi almeno un poco, ma tutte le volte la risposta è ripetuta con la medesima tranquillità: “Non ti preoccupare, per ora mi diverto, appena mi sento stanco te lo dico”.

Quella notte Gui non si è mai stancato e noi non abbiamo condiviso interamente lo stesso suo divertimento, ma se ripenso a quei momenti le emozioni sono tante e su tutte prevale vivido il ricordo della paura di non farcela, ma, tra le sue pieghe si intrufola anche la soddisfazione provata all’arrivo al porto di Viareggio e mi ritornano le parole della canzone:

“Capitano che risolvi con l'astuzia ogni avventura
ti ricordi di un soldato che ogni volta ha più paura
ma anche la paura in fondo mi dà sempre un gusto strano
se ci fosse ancora mondo sono pronto dove andiamo”.

Chiudo gli occhi e risento ancora il respiro del mare, la paura mi prende nel suo abbraccio, ma, in fondo al mio cuore, ho la certezza che quelle parole sono lo specchio di una realtà che ora sento più mia.